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Ma, se l'attenzione iniziale di questo artista era rivolta allo studio delle cose, sarà nella rappresentazione della figura umana che il quadro iconologico si delineerà in tutta la sua penetrante intensità. L'essere umano che esprime sentimenti e sommovimenti interiori frutto di una bruciante ipersensibilità. Dolore, smarrimento, alienazione psichica e psicologica. In alcuni momenti estremamente tensivi le figure colorate subiscono lacerazioni e divisioni. La materia plastica si trasforma allora in una dimensione viva che va oltre se stessa per effetto di un coinvolgente potere evocativo che non può lasciarci impassibili. Improvvisamente diveniamo partecipi perché riconosciamo non qualcosa ma molto di noi stessi. Nell'epoca della paura e dell'incertezza tutto diventa palpabile e realistico. Il 'gioco' allora si fa più che mai eloquente, a tratti drammatico. L'aspetto ludico si pone in secondo piano perché quei mattoncini richiamano la vita autentica, con le sue innumerevoli sfaccettature. Il ghigno beffardo dei celebri teschi policromi – in cui Nathan affronta il tema della Morte – ci ricordano che aldilà del colore della nostra pelle, della personalità o condizione sociale, sotto sotto siamo tutti uguali. E non c'è polemica o risentimento razziale. Solamente semplice constatazione, così come la potrebbe formulare, con sicura naturalezza, un bambino intento ad assemblare i suoi mattoncini. E' un'umanità che si interroga, quella rappresentata dall'artista. Un'umanità forse dolente ed in confusione interiore – propria di questo tempo – ma è innegabile ch'essa sia autentica e senza mistificazioni. 'Ludendo docere', ovvero 'insegnare giocando', dicevano i latini. Ed il sipario si alza sul gioco metaforico che diviene arte concettuale al pari delle grandi avanguardie novecentesche. A questo punto, è difficile dire se Nathan Sawaya abbia fondato, suo malgrado, una scuola o un nuovo Movimento. Forse è prematuro azzardare proclami o previsioni. Di certo fa impressione constatare come un artista di fama mondiale, il cinese Ai Weiwei, considerato sovversivo e pericoloso dissidente nel suo paese, nel 2014 abbia realizzato una serie di ritratti di celebri perseguitati politici, proprio in mattoncini Lego. Un'attribuzione di valore? Un attestato di stima al collega americano? Sia come sia, è un segnale importante che testimonia una progressiva affermazione che fa premio non solo ad un grande impegno esecutivo ma anche ad una ferrea convinzione sulle potenzialità del nuovo linguaggio. Di certo l'opera di Nathan intitolata 'Yellow', è già diventata a suo modo un'icona. Una figura umana solleva i lembi di un ventre aperto al cui interno vi è una moltitudine di mattoncini Lego dello stesso colore. Una metafora di ciò che siamo? Probabile, anzi, quasi esplicito. Non è affatto strano pensare che ognuno di noi è costituito da miriadi di mattoncini accostati che chiamiamo atomi e molecole. Tutto parte dall'infinitamente piccolo per arrivare all'immensamente grande, così come insegna la Verità dell'Universo. Mattoncini che sono Energia allo stato puro. No, non è poi così strano giungere a questa riflessione, mentre Nathan Sawaya – con la forza e la passione di quello che sembrava inizialmente un 'gioco' – continua a stupirci. In un certo senso, i suoi possono dirsi oggi, i mattoncini dell’Umanità.
Giancarlo Bonomo
Critico d’arte